Il Giogo del Tempo
Venendo a Pistoia il mese scorso per parlare di Vladimir Nabokov alla settima edizione della manifestazione “Dialoghi sull’uomo”, lo scrittore Alessandro Piperno ha provato a lanciare la sua personale e temeraria provocazione:
a suo avviso la buona Letteratura dovrebbe essere essenzialmente un “gioco”, con le sue precise regole, in grado di elevarsi al di sopra delle logiche di ogni particolare etica ed epoca.
A questo tipo di ragionamento segue subito la mia ovvia e perentoria replica: la letteratura, per quanto produca opere artistiche universali, resta un lascito del tempo in cui è stata prodotta.
Questa, d’altra parte, era già stata un’opinione espressa da importanti filosofi come l’idealista G.W.F. Hegel e l’esistenzialista Martin Heidegger entrambi molto attenti alla temporalità intrinseca in tutte le opere e i progetti umani.
La seconda obiezione, di ordine più specifico, che mi sento di poter esporre in questo breve scritto, è poi questa:
quegli autori, che, come lo scrittore Lev Nikolàevič Tolstòj o il nostrano Alessandro Manzoni, abbiano voluto cimentarsi con il genere storico hanno potuto realmente affrancare la loro opera dal tempo e il luogo in cui la stavano componendo e soprattutto ambientando?
E sappiamo anche che ogni epoca ha i suoi ritmi artistici, anche letterari, e che quindi già un particolare tempo si è imposto e si impone ancor oggi fra una riga e l’altra entro i confini della pagina scritta.
Non a caso lo stesso Italo Calvino, organizzando e relando le sue famosissime “lezioni americane”, ha pensato di stilare una serie di regole per la letteratura a venire pur ovviamente traendo dei significativi esempi dal trascorso passato.
E il medesimo Piperno, durante la sua breve relazione (35 minuti circa), si è soffermato su un particolare assai rilevante a proposito degli scrittori a lungo rivali, Saul Bellow e Vladimir Nabokov.
Entrambi di origini russe scrivevano infatti in lingua inglese proprio perché a quell’epoca, il secolo scorso, la loro patria era stata dilaniata dal dramma anti-identitario del comunismo sovietico.
Forse Nabokov, più che partecipare a un gioco, semplicemente si era reso conto di non poter cambiare le regole del suo tempo dilaniato, come tanti altri, dalla pratica tristemente nota della pedofilia.
E ancora il tentativo di mettere “in parentesi” la temporalità, considerata ormai come un elemento trascendente, resta il sogno inconfessato della nostra epoca, troppo incentrata sulle immanenti rappresentazioni del momento presente.